Oggi non voglio raccontare la solita storia di Vela, di mare, passione e avventura. Per quello bastano Conrad, Moitessier, e Fogar. Voglio raccontarla da una altra prospettiva, probabilmente meno esaltante ma vera.

Dopo una vita mono maniacale composta solo di trasferimenti, scuola vela, crociere e regate, divento papà. Nove mesi di “lavatrice” e finalmente arriva l’articolo tanto atteso. Vita cambiata, (ovviamente in meglio).

Comincia l’assestamento, le riunioni lavorative sul  divano con l‘esserino tra le braccia, il lavoro tra pannolini e latte in polvere,…….. la prima partenza.

Staró fuori per due mesi, esco da casa e mi sento Ulisse, con la pesantezza di conoscere già tutte le disavventure.

Tutto quello che è sempre stato ragione di vita, diventa fatica. Effettuo i controlli e mi sembra di vivere in un incubo, sistemo le cime e mi sembrano serpenti velenosi, mollo gli ormeggi e solo issare le vele mi sembra la scalata dell’Everest. Guardo inorridito il sorriso dell’equipaggio che gode dei nostri 7 nodi, e a me quella planata ricorda la scivolata di un bradipo. Ogni trasferimento mi sembra una tempesta mandata da Poseidone.

Mancano due mesi per sconfiggere i miei  ciclopi e le le sirene tentatrici, il tempo di lasciare un esserino con ciuccio e bandana e trovare un individuo che gattona e che chissà se mi riconoscerà.

Tutto diventa grigio.

Il cielo limpido, il sole splendente, l’acqua cristallina, tutto è grigio. Guardo la passerella e mi sembra le sbarre della mia cella dorata., ogni telefonata mi sembra la visita del carcerato, e l’equipaggio la truppa di aguzzini che attenta alla mia libertà

Potrei cadere e rompermi una costola, rompermi un braccio….. …  zitto scemo, zitto e lavora mi dice “la voce” e non lo faccio. Come posso spiegarti Federico? che è lavoro e che torneró..? Ovviamente come un novello Ulisse sono tornato e ho rimesso tutte le cose in fila.

All’epoca ho anche cercato un lavoro in ufficio, che non mi obbligasse a partenze forzate. Non l’ho trovato o non l’ho voluto trovare, non lo saprò mai.

Oggi Federico è grande e stiamo passando tutte le fasi “papà non capisci nulla, preferisco uscire con gli amici, quando mi lasci la casa libera?”. Le nostre strade hanno preso mura diverse, ma sono sicuro che le nostre rotte si incroceranno di nuovo.

Nella mia riappacificazione con il mondo della vela, e con il mio lavoro ricordo una giornata in particolare e una telefonata di Edoardo. “ho bisogno di una mano per la regata di domenica”. No impossibile, sono arrugginito ti farei fare solo brutta figura, ma dai.

Ed eccomi a cinque minuti dalla partenza, l’adrenalina che ti strapazza il cervello, vecchie abilità  che tornano a galla, e l’istinto  aggressivo che si risveglia. Durante la regata l’odore del vento che cambia e che ti avvisa 10 metri prima degli altri cosa succederà tra le boe. Tutti i sensi tesi sul risultato. Arrivammo secondi per un battito di ciglia, ma ricordo perfettamente lo scorrere del sangue nelle vene,  la passione tornata viva come è forse più forte di prima.

Oggi Federico è un regatante e meglio può capire le mie scelte di vita.

Ho finito di combattere, mi sono riappacificato con Eolo che mi ha dato una seconda possibilità e ogni volta che veleggio verso Ponza vedo la  Maga Circe che mi sorride compiaciuta.

E anche io sorrido, con la serenità di sa di aver fatto nella vita la scelta lavorativa giusta.

 

Buon vento a tutti Carlo (di professione velista)


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